
Nella rubrica Letture Critiche approfondiamo elementi di tecnica narrativa, come ad esempio l’ambientazione e le descrizioni, aggiungendo consigli su come aumentare l’appeal di un romanzo legandolo ad avvenimenti significativi in un determinato contesto storico . Oggi parliamo del best seller di Sally Rooney “Normal People”, da cui è stata tratta l’omonima serie di successo, e già dalle prime pagine ci accorgiamo che di tali elementi tecnici non c’è traccia. In questo libro ambientazione e descrizioni sono marginali, se non del tutto assenti; il luogo e l’epoca dove vivono i personaggi è ininfluente, i protagonisti potrebbero essere studenti a Dublino come a Madrid. Perfino la componente socioculturale tipicamente irlandese può essere sostituita senza ripercussioni con la Milano bene o con il Nord America. Ma allora… qual è l’elemento che rende la storia avvincente e memorabile?
È la stessa Marianne a svelarlo, a pagina 14: “In passato aveva cercato di essere diversa, una specie di esperimento, ma non aveva mai funzionato. Se con Connell lo era, la differenza non si realizzava dentro di lei, nella sua individualità, ma tra loro, nella dinamica.”
“Normal People” è la celebrazione di una delle tecniche più efficaci in narrativa: show, don’t tell. Una glorificazione del dialogo. La dinamica tra Marianne e Connell si srotola nuda ed essenziale davanti agli occhi del lettore. Una vivisezione del rapporto, delle incertezze, del peso dei silenzi. Leggendo la prosa scarna e potente della Rooney ho immediatamente ripensato alla “Pragmatica della comunicazione umana” di Paul Watzlawick e ai pungenti scambi tra coniugi di “Chi ha paura di Virginia Woolf?”. Se vi soffermate a chiedervi cosa ha di speciale questa trama, potreste restare delusi: un ragazzo e una ragazza prima, un uomo e una donna poi, non si capiscono; si feriscono continuamente fino a trovare con difficoltà la quadra del loro rapporto. Allora cosa rende il romanzo una piccola, scintillante e preziosa gemma? Non cosa accade, ma come viene raccontato. Con precisione chirurgica, con affilata capacità di penetrare la psicologia delle assenze, il valore delle omissioni, la volontà di essere dominati anche a costo di farsi umiliare e la paura di non riuscire a dominare senza ferire. Il disagio di presentarsi agli altri per come si è, con le nostre ferite, la difficoltà di rinunciare alla propria immagine sociale, il ribaltamento dei ruoli in base al contesto in cui ci si trova: da ragazzo popolare a nullità, da ragazza emarginata a regina dei cocktail party. La differenza di ceto sociale conta fin dall’alba dei tempi, e in “Normal People” si aggiunge la percezione di come il denaro fa la differenza in ogni singolo scambio, sporcando ogni relazione. “Normal People” non descrive fatti, bensì immerge il lettore in temi universali e gli mostra uno specchio fatto di carne e ossa: gli altri. I normali, qualsiasi cosa significhi.
Articolo di Greta Cerretti

“Leggo perché non so volare.”
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