
Questa settimana nella rubrica Letture Critiche parliamo del romanzo di Dino Buzzati “Il segreto del Bosco Vecchio”, del quale l’autore ha curato anche le illustrazioni. È un libro per ragazzi pubblicato nel 1935, ovvero cinque anni prima di quello che viene universalmente ritenuto il capolavoro di Buzzati “Il deserto dei tartari.” Le atmosfere de “Il segreto del Bosco Vecchio” sono surreali e realistiche al tempo stesso: il Colonnello Procolo convive con la gazza guardiana, trama l’omicidio di Benvenuto insieme al vento Matteo e al topo zoppo, scende a patti con i genî del bosco, assiste al proprio processo da parte degli animali capitanati da un gufo inflessibile. Ognuno di questi avvenimenti viene descritto con la massima naturalezza, perché come di consueto Buzzati propone un confine labile con il mondo del fantastico: la meraviglia è lì, di fronte ai nostri occhi, separata soltanto dal sottile velo di carta velina rappresentato dall’innocenza. Che il Colonnello Procolo sia innocente nell’animo (e per questo possa beneficiare del privilegio di conversare con la natura) lo comprendiamo soltanto alla fine, nella sua nobile morte causata da una burla mal riuscita e verificatasi nel tentativo estremo di salvare la vita a chi aveva desiderato veder morire. I temi di Buzzati sono profondi e universali: quanto dura l’incanto della fanciullezza; quanto è profonda la nostra commistione con la natura; quanto la paura di abbandonare questo mondo ci renda invidiosi di chi ha ancora la vita davanti; come un singolo gesto possa dannarci o redimerci. Siamo di fronte a un classico, opera di un autore straordinario e come al solito ci chiediamo: cosa può insegnare questo romanzo all’autore esordiente in termini di tecnica narrativa?
Buzzati è un araldo del fantastico; oggi molti autori si cimentano in opere di questo genere letterario, spesso ispirandosi a modelli inarrivabili (come abbiamo sottolineato QUI). Uno degli errori più comuni è in agguato dietro l’angolo: creare un mondo del quale l’autore stesso non conosce le leggi, i confini, le regole. I risultati sono spesso imbarazzanti. Il nostro consiglio è il seguente: provate con qualcosa di più semplice ma al tempo stesso meraviglioso, sulle orme di Buzzati. Da questo autore non copiate ma lasciatevi ispirare. Camminate nel vostro Bosco Vecchio interiore senza limitarvi a far parlare una gazza o un topo. Ascoltate la voce del vento, uno come il Vento Matteo che ha un carattere ben definito, vive una disavventura capace di cambiarlo e si confronta con l’antagonista Evaristo dopo che lo ha spodestato dalla Valle. Immaginate di dare un’anima alle entità come agli uomini, allo stesso modo in cui Buzzati spia la conversazione tra il Colonnello Procolo e Matteo: “Tutti e due da allora erano molto cambiati, eppure cercavano di apparire ancora duri come un tempo, corazzati contro i sentimenti pietosi.” La parola chiave è proprio questa: immaginare. Scrivere fantastico significa liberare la fantasia partendo dal quotidiano, esercitandola a lungo prima di spingersi oltre i confini del nostro mondo.
Articolo di Greta Cerretti

“Leggo perché non so volare.”
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