
Cosa hanno in comune Ugly Love, November 9 e It end with us? Parecchie cose. Prima di tutto, ovviamente, l’autrice. Divenuta famosa nel 2012, poco più che trentenne, Colleen Hoover si è dimostrata scrittrice molto prolifica regalando ai fan almeno un libro l’anno. Tutti best seller. Ed è questo il secondo punto, per nulla scontato, in comune tra i romanzi: un trionfo garantito, una vittoria annunciata prima ancora dell’uscita del libro. Nelle nostre Letture Critiche abbiamo provato a capire, in termini di tecnica, quali sono gli ingredienti che hanno permesso alla Hoover di raggiungere l’apice del successo e poi di restare saldamente in vetta alle classifiche. Ne abbiamo individuati due. Il primo riguarda la storia personale dei protagonisti, il loro background. Ogni personaggio convive con un passato ingombrante: Miles vive il senso di colpa per aver ucciso il figlio; Ryle uccide per errore il fratello minore e cresce con seri problemi di rabbia; Lily aveva un padre violento che picchiava la mamma e ha malmenato anche il suo primo amore; Atlas è un senzatetto perché cacciato di casa dalla madre; Ben ha una madre suicida, diviene piromane per vendetta e commette quasi un omicidio. Potremmo andare avanti a lungo, stilando un elenco dal titolo (non troppo ironico) “Si salvi chi può”. Questo comune denominatore di tormento e angoscia lascia intendere una voglia di soffrire da parte del pubblico, una sete mai sazia di storie luttuose spinte sempre un po’ più in là nella tragedia degli errori e orrori del genere umano. Niente di nuovo sotto il cielo, insomma: il libro come buco della serratura attraverso cui guardare le miserie altrui. La novità in questo gusto voyeur sembra abitare nel fatto che il lettore non sembra goderne fino in fondo e si sporge dall’abisso con l’elastico ben saldo in vita. L’altro comune denominatore in queste tre storie della Hoover è, infatti, il lieto fine. Per quanto le cose siano complicate, difficili al punto di apparire irrisolvibili, dall’happy ending non si scappa. Vissero felici e (quasi) contenti è la pietanza finale di una ricetta vincente. Troppo semplice? Pare di sì. La fama e la popolarità di Colleen Hoover lasciano intendere che il vento soffia forte nelle vele delle conclusioni felici. Chiunque si approcci oggi alla scrittura con l’intento di farsi pubblicare, e conquistare una grossa fetta di pubblico, deve pertanto tenere conto di questo aspetto che all’atto pratico si traduce nello strapazzare un po’ i personaggi, facendogli vivere peripezie che creino empatia con il lettore stuzzicandone anche il gusto per le disavventure, senza portare la tragedia a compimento ma ritirandosi appena prima che il disastro si compia.
Articolo di Greta Cerretti

“Leggo perché non so volare.”
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