
Questa settimana nella rubrica Letture Critiche parliamo del romanzo di Giuseppina Torregrossa “Al contario”. Volendo fare un piccolo gioco di parole con il titolo, riferendoci alla tecnica narrativa possiamo dire che questo romanzo può insegnare molto agli autori “per opposti”. Da un lato l’autrice compie alcune operazioni che usualmente sconsigliamo: per prima cosa mette in campo un protagonista (Giustino Salonia) eppure andando avanti nella lettura ci accorgiamo che “Al Contrario” non è la storia di Giustino, quanto piuttosto quella di Malavacata. Il lunatico dottore il cui fisico la natura ha montato al ‘contrario’ si perde precocemente tra le pagine del racconto, in alcuni passaggi scompare fino ad abbandonare del tutto la trama nella seconda parte. Questa scelta, unita a cambi di PDV piuttosto repentini (ne abbiamo parlato nell’articolo su Pastorale Americana) tende a destabilizzare il lettore. Da contraltare a queste scelte ne abbiamo altre tre azzeccatissime. Primo: legare la trama a eventi tragici della storia (ne abbiamo parlato in Letture Critiche – Un giorno questo dolore ti sarà utile). Il romanzo si svolge a cavallo tra il primo dopoguerra e la Seconda Guerra mondiale. Malavacata non viene realmente toccata né dall’ascesa di Mussolini né dal conflitto, eppure è sufficiente usare le parole podestà e fascismo per entrare in una atmosfera di sicura presa sul lettore. Chapeu.
La seconda è l’incipit. Realizzare un buon incipit significa aver in mano la certezza che il romanzo verrà letto. “Era il mese di agosto del 1927 quando il dottor Giustino Salonia arrivò alla stazione di Malavacata, e subito capì di essere stato fregato”. Un incipit di tale fattura (non a caso riportato in quarta di copertina) è un capolavoro, una pennellata vincente. Il lettore a quel punto DEVE sapere cosa accadrà al dottore e per quale ragione è stato fregato. Anche se poi la storia prende una piega differente e si parla di altro, ovvero del terzo, ineccepibile aspetto tecnico: l’ambientazione (ne abbiamo parlato diffusamente in Letture Critiche – L’isola degli alberi scomparsi. ) L’autrice usa il dialetto siciliano in modo diffuso, non soltanto nei dialoghi ma anche nel discorso libero indiretto. La sattura, la criata, il parrino e molti altri. Leggendo “Al contrario” il siciliano o lo sai o lo impari. Si tratta del primo passo per immergersi realmente nell’epoca, negli usi e costumi, nella mentalità e cultura di quella particolare area geografica in quel determinato momento storico. L’autrice scrive di ciò che sa e non si sogna lontanamente operazioni depurative o peggio ancora simili ai sottotitoli in Gomorra. Scegliere di usare la forma dialettale per dare una maggiore impronta contestualizzante al vostro testo è una decisione coraggiosa in questi tempi dove l’editoria spinge sovente all’omologazione del linguaggio. Coraggiosa ma se, come in questo caso, portata avanti con coerenza e qualità, decisamente vincente.
Articolo di Greta Cerretti

“Leggo perché non so volare.”
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