
A chi non è piaciuto “Shining”?
Difficile trovare chi alzi la mano di fronte a questa domanda. Vuoi per la pellicola kubrikiana, vuoi soprattutto per il tomo omonimo di Stephen King da cui tutto nasce, la storia macabra e spettrale dell’Overlook Hotel, con i suoi fantasmi e i suoi labirinti psicologici e non, le sue letture complottistiche ed esoteriche operate a distanza di anni, è ancora tra le più amate dai lettori di storie “de paura” e non solo.
Ecco perché quando a suo tempo si diffuse la notizia che sarebbe uscito un seguito della vicenda, incentrato sulla vita di Danny, il bambino dotato di “luccicanza” protagonista del primo romanzo, l’entusiasmo andò alle stelle. E anche le vendite, al momento del fatidico arrivo in libreria di “Doctor Sleep”.
Cosa ci mostra questo nuovo capitolo della storia?
Danny è ormai uomo, e un “loser”, per dirla all’americana, un vagabondo alcolista che vaga per le infinite strade statunitensi, incapace di avere una vita normale, assillato com’è da continue manifestazioni spettrali che lo tormentano, rendendo la sua vita un vero e proprio assedio di postulanti soprannaturali. Tutto cambierà al suo arrivo nella classica cittadina di provincia, vero e proprio topos kinghiano, in questo caso positivo però, in cui troverà un pizzico di pace interiore e la possibilità di usare il suo dono per il bene altrui. Fino al palesarsi di un pericolo enorme per lui e non solo, in cui – non poteva che essere così – diventa protagonista il vecchio hotel infernale…
Questa, in soldoni, la trama, che molti fan di King si sono sciroppati senza colpo ferire, ma che a ben vedere un bravo esordiente, ma specialmente chi sia già arrivato alla tappa non semplice del secondo libro, deve osservare con occhi più smaliziati.
Dopo un inizio promettentissimo, infatti, incentrato sull’odiosa persecuzione che Danny non riesce ad eludere, insieme ai devastanti ricordi della tragica esperienza infantile all’Overlook Hotel, il libro si perde nel riciclaggio di luoghi comuni che King ha già sfruttato all’infinito, e soprattutto degenera in un finale quasi ridicolo, dove la minaccia tanto paventata per metà del libro si sgonfia in un pericolo tutto sommato gestibile, con la tensione che cala sotto le ginocchia. Ah, dimenticavo, abbiamo la solita preadolescente con poteri psichici. Mai viste altre in romanzi di King, vero?
Lo sconsiglio di oggi, però, non è solamente in termini di quale libro mettere o meno sul comodino per le prossime settimane. Come si accennava, è importante soprattutto per gli autori.
Dare seguito a una storia è sempre rischioso. Specialmente, poi, se si è rivelata assai buona, e capace di avvincere i lettori. Bisogna adeguarsi allo standard, e in un certo senso superare proprio sé stessi. Di più: bisogna sapere miscelare quanto c’era di ben fatto con qualcosa di nuovo, offrire la sensazione di un sapore familiare eppure mai provato, il tutto con il rischio di far impazzire la ricetta inserendo un ingrediente in dosi troppo alte, proprio come ha fatto King cannibalizzando il suo proprio immaginario. Il pericolo ulteriore, addirittura, è quello di svilire la storia antecedente, fornendole un seguito non all’altezza.
Insomma, occhio quando avete la tentazione di riprendere in mano un filone già esplorato proprio da voi. Il piacere di riavviare intrecci cui avevate già messo il punto a volte non vale il pericolo di infilarsi in un “tunnel telenovela” che i lettori potrebbero non perdonarvi.
Articolo di Andrea Gualchierotti
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“Lenta, forse, ma efficace è l’azione degli dei.”
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